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LETTERA 220 - OTTOBRE-NOVEMBRE 2022

Editoriale:

Frammenti di storie, frammenti di vita

Autore:

Valeria e Luigi Stefanizzi - Responsabili Regione Sud-Est

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Frammenti di storie che sono entrate nella nostra vita, dono di chi ha voluto raccontare un pezzo di se arricchendo la nostra anima perché come dice nella sua relazione “Eucaristia e matrimonio: sacramenti del corpo” padre Stefano Titta, già CS di EI, “Ogni società vive delle sue storie. Tra queste storie dobbiamo imparare a raccontare anche la nostra, con le sue caratteristiche. Abbiamo bisogno di aprire ai giovani l’enorme diversità di forme nelle quali possono trovare significato e amore. Per questo sono tanto importanti le vite dei santi e la testimonianza delle nostre vite. Ci mostrano che ci sono diversi modi di amare.”  Ci servì anni fa quando ci fu chiesta una testimonianza, “noi? Non abbiamo fatti eclatanti da raccontare” e invece pian piano, guardandoci dentro, in coppia, nacque la narrazione della nostra storia …e il Papa continua, nel messaggio per la 54ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “l’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Le storie influenzano la nostra vita anche se non ne siamo consapevoli”.  E chi non può vantare nella sua memoria il ricordo di un nonno, una nonna, una zia, un vicino anziano che con fatti, favole, proverbi e filastrocche hanno nutrito e formato la nostra memoria. Sono stati il filo conduttore tra ciò che è stato e ciò che siamo. A bocca aperta abbiamo ascoltato “fatti” di guerra, di servizio di leva, di lavoro nei campi; storie di famiglia, di parenti partiti per l’America è mai più  tornati, di paura e buio nelle viscere della terra nelle miniere di carbone, di treni stracarichi con “destinazione futuro”, spesso molto diverso da quello palesato; storie di prime conquiste femminili, di processioni interminabili e rosari da “ 10 poste” recitate con tutto il vicinato al fresco della sera nella corte  del quartiere. Storie ripetute mille volte, riascoltate sempre con la stessa avidità, raccontate ai nostri figli con la stessa passione, con le stesse parole con cui le abbiamo conservate nel cuore. Storie dal sapore sempre nuovo perché “vive” perché ci hanno fatto sentire nelle parole i calli delle mani, il sudore della fronte, l’umiliazione del lasciare tutto, il peso di una valigia piena solo di sogni e di speranze ma anche le note dei canti nei campi e l’eco delle risate dei nostri genitori tra i vicoli profumati dal pane appena sfornato …” Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2) non solo nostra ma anche dei figli, di generazione in generazione, donandoci quel senso di appartenenza, di ri-conoscenza che ha le stesse radici, la stessa trama e ordito di quel tessuto vivo i cui fili ci tengono collegati gli uni agli altri.
Ma non tutte le storie sono “buone”, continua il Papa:  “quante storie ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare”.
Nella nostra società del tutto e subito, dove la fretta fa da padrona e molti valori sono stati mandati in pensione; dove le famiglie sono sempre più sole, più fragili, mono-genitoriali, separate, con entrambi i genitori lavoratori, migrate in altre città, con figli unici che non sono più i figli del quartiere, del vicinato ma spesso “solitariamente” connessi con il mondo;  dove le città pur abbellite da parchi e giardini hanno perso gli oratori, i circoli ricreativi, i parenti stretti che orbitavano intorno alla famiglia; dove anche la politica ha perso il fascino dei valori e il divario tra i ricchi e i poveri aumenta sempre di più, è facile che “ognuno pensi a se stesso” e tutto giri intorno ai consumi, alla produzione, alla pubblicità  che esalta il protagonismo dell’ essere unici. Così la comunicazione diventa sempre più superficiale e propone “modelli“: influencers,  youtubers, cantanti, calciatori, vallette, e spesso storie distruttive e provocatorie che  non creano memoria e spezzano i fili fragili dello stare insieme tra generazioni. Ma una brutta storia ha sempre vita breve perché in ognuno di noi continua a vivere quel bambino che a quel “c’era una volta “chiede che la conclusione sia “ ..e vissero felici e contenti..” e allora, continua il Papa “ abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo dalle tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano”. 
E noi abbiamo una storia bella e buona a cui ispirarci, una storia sempre attuale che ha travalicato i confini dello spazio e del tempo, una grande storia d’amore al cui centro c’è Gesù che ci ha parlato di Dio con parole semplici, con parabole, con esempi di vita vissuta, quotidiana, una narrazione che “entra nella vita di chi l’ascolta e la trasforma “. Come non rivederci in Giuseppe e Maria, nel travaglio della loro vita di coppia. Nulla è stato loro risparmiato perché genitori del figlio di Dio: la gravidanza problematica, la nascita disagiata, la fuga in Egitto, il lavoro quotidiano, l’adolescenza “disubbidiente “ del loro figliolo“ angosciati ti cercavamo”, il dolore, le lacrime …non sono forse le nostre stesse difficoltà, paure, dubbi, preoccupazioni?
E non ci sentiamo come i discepoli di Emmaus quando ci creiamo aspettative su uomini, su traguardi terreni come la ricchezza, il prestigio e poi la vita ci schiaffeggia con lutti, malattie, tradimenti ..? E non siamo forse buon samaritani quando la “con-passione” ci fa fermare per prenderci cura di genitori anziani, per ascoltare un amico in difficoltà, per venire incontro ad un figlio adolescente, per dedicarci al servizio nelle end, in parrocchia, sul lavoro?  “Voi siete una lettera di Cristo scritta non con l’inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma su tavole di cuori umani “ (2 Cor 3,3) e allora “ raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile. A Lui possiamo narrare le storie che viviamo, portare le persone, affidare le situazioni. Possiamo riannodare il tessuto della vita ricucendo le rotture e gli strappi. Quanto ne abbiamo bisogno tutti!” (Papa Francesco)