“Sta' in silenzio davanti al Signore e aspettalo” (Salmo 37,7)
“A volte mi chiedo cos’è il silenzio.
Forse è trattenere il fiato e respirare una presenza.
Trattenere il fiato per fare spazio.
In un certo senso svuotarsi o meglio fare posto.” (don Angelo Casati)
In questo mondo in cui tutto è diventato rumore, spesso assordante, non solo di suoni ma anche di immagini, “ascoltare il silenzio” sembra quasi impossibile.
In tanti anni di matrimonio ci siamo detti più volte che è necessario “staccare” dal ritmo incalzante con cui riempiamo le nostre giornate per ascoltare quello che ci dice il cuore, il Padre con la Sua Parola ed il mondo che ci è attorno: eppure, per la disabitudine a stare in silenzio, spesso ci si distrae, si perde la concentrazione e ci si arrende dopo pochi minuti.
Tanti alti e bassi nei nostri tentativi, finché siamo stati chiamati ad un cambiamento che Mariangela Gualtieri riesce ad esprimere così bene nella poesia “Nove marzo duemilaventi” (data di inizio del lockdown):
“È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.”
Il dover restare in casa, a volte isolati, ha chiesto a tutti una modifica della quotidianità e ha fatto nascere tante domande su cosa volesse comunicarci un tempo tanto anomalo da stravolgere quella routine che pensavamo consolidata, compreso il modo di vivere la fede. Chiese vuote, strade vuote, un silenzio irreale è divenuto protagonista, si è come imposto: occasione per riconsiderarlo, per dargli un giusto valore?
In “Presenza a Dio”, padre Caffarel dà un consiglio prezioso: “…non cominciare mai la tua orazione senza aver dapprima segnato una battuta d’arresto, stabilito il silenzio in te, interrogato Dio su ciò che devi farne di quel quarto d’ora di preghiera…”.
Ognuno coltiva modalità e tempi diversi per familiarizzare individualmente con il Signore, ma, nella vita di coppia, il “pregare insieme” a volte è discontinuo e frammentario: grandi propositi seguiti da delusioni per la mancata costanza e conseguente scoraggiamento.
Diventa importante, perciò, impegnarsi a riservare un tempo per “stare” con la Parola del giorno, non solo quella pronunciata ma anche con la presenza di Colui che parla; sostare per comprendere meglio il Vangelo e calarlo nella vita, per trovare un’ispirazione, una guida concreta per vivere in coppia le vicende di vita quotidiana, secondo la legge dell’Amore, per provare a “Farsi Santi con ciò che c’è” (don Luigi Epicoco) e non stancarsi di ricominciare dopo ogni battuta d’arresto.
Nei momenti di fragilità e incostanza occorre trovare vie che aiutino a rigenerare l’attenzione all’ascolto: per spezzare i ritmi incalzanti, può essere necessario, appena possibile, soffermarsi sulla bellezza di ciò che ci circonda, perché ogni creatura è una parola di Dio, “una carezza di Dio” (Laudato si’).
“Camminare” può essere un aiuto per il corpo e per lo spirito: nell’agosto scorso, pellegrinare nel Casentino tra la pieve di Romena, l’Eremo di Camaldoli, La Verna è stato per noi un’esperienza di grande emozione in luoghi in cui la preghiera non ha bisogno di tante parole, basta “stare nel silenzio” per cogliere l’intima presenza del Creatore.
L’importante è comunque cercare sempre quel “luogo” che può darci il calore di sentirsi “a casa con Dio”: a volte, basta sedersi vicini a pregare nella nostra stanza, altre volte raggiungere un santuario o un luogo caro alla nostra spiritualità, altre volte ancora è bello “pregare con gli occhi”, come invitava a fare fra’ Giorgio Bonati, per ammirare con stupore il colore delle foglie, i fiori, gli alberi, il sorriso di un bimbo e serbare poi in cuore queste emozioni per meditarle nel silenzio, perché “…senza il silenzio le cose ricadono nel nulla: vi passi accanto con il passo distratto, come se gli occhi fossero altrove, passi e non vedi o fai finta di vedere, respingi le cose ancora nel nulla, non le fai esistere…” (don Angelo Casati).
Una maggior intimità con il Signore aiuta a sentirsi accompagnati nell’attraversare le tempeste che incontriamo, a superare le crisi, individuando quale sia la ferita, in modo che non sia trascurata e si riesca a prendersene cura.
Certo, la strada dei “cercatori di Dio” non è ben definita, ma possiamo ritrovare nella Bibbia tante storie da cui attingere coraggio, come ad esempio quella di Giuseppe: “…una voce a Giuseppe dice: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’.
Tocca a Giuseppe inventare i percorsi, i luoghi, le tappe, le soste… La Voce dice la direzione del viaggio, ma non è un prontuario in cui tutto è già scritto…” (don Angelo Casati - Le paure che ci abitano).
Spesso il silenzio sembra un tempo sprecato, inutile perché non organizzato: forse ne abbiamo tutti paura perché ci mette di fronte alla nostra parte intima che ci è sconosciuta, si può provare un senso di vertigine che destabilizza; il silenzio sembra allontanarci dal Signore perché non abbiamo pazienza di “stare” e finiamo per riempirci la testa con la nostra voce, non sapendo attendere la Sua, scordando che i tempi di Dio non sono i nostri.
Un esercizio possibile per introdurci ad un momento di silenzio può essere quello di iniziare con la preghiera più breve ma così significativa, quel “segno di croce” che a volte si fa distrattamente con il gesto che congiunge fronte-cuore-spalle: quel “più” che tracciamo su noi stessi dovrebbe invece dire la consapevolezza del nostro impegno ad aggiungere sempre un po’ più pazienza, costanza, fedeltà, Amore.
Un piccolo sforzo, di volta in volta, può aiutare a cambiare prospettiva, a modificare le nostre aspettative, ad accettare anche quel silenzio che pare inconcludente ma che può creare brecce nel nostro considerarci sempre in dovere di essere “produttivi”, così da liberarci e tornare ad essere semplicemente “creature” che imparano ad apprezzare i doni ricevuti dal Creatore.
Cerchiamo di affrontare questo tempo inedito con lo sguardo verso l’Alt(r)o e, da “apprendisti artigiani del silenzio”, rivolgiamo allo Spirito la nostra preghiera perché ci aiuti a raddrizzare ciò che è sviato e rinnovi le energie affievolite, confidando e affidandoci, consapevoli che “Una Storia è finita, ma non è finita la Storia” (Luigino Bruni).
Marinella e Fausto Barzaghi
Segreteria Équipe Italia