LETTERA 209 - LUGLIO-SETTEMBRE 2020
Editoriale:
Santi perché uniti, santi perché diversi
Autore:
Mauro ed Enza Barlettani - Responsabili Regione Centro
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Ci accingiamo a scrivere questo editoriale avendo da poco vissuto l’esperienza della Sessione Primaverile che è stata organizzata “a distanza” a causa dell’emergenza sanitaria. Ci piace iniziare da qui, da questa necessità per Équipe Italia di inventare qualcosa di inusuale, che è poi diventata scoperta e conferma di come la strada del bene si percorre a piccoli passi, fatti insieme, con la fiducia nell’altro, scoprendo e valorizzando nuovi carismi donati gratuitamente dallo Spirito. “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito … e a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito” (Cor 1 cap. 12).
Il risultato raggiunto dalla sessione pensiamo che non sia stato tanto o solo negli interventi dei relatori o nei contributi di Équipe Italia, piuttosto nel clima sorprendente - virtuale ma fortemente percepito - di una comunità di individui diversi tra loro, ma spinti dalla stessa voglia di “squilibrarsi” verso l’Alt(r)o, con lo straordinario impegno per superare barriere e ostacoli che potevano impedire il nostro sentirsi insieme.
Per noi non è facile parlare di “santità”, perché ci sentiamo così poco degni di questo appellativo, perché le nostre attività quotidiane, piene di tanti impegni e poco tempo per noi, sembrano escluderci da questa prospettiva. Per fortuna ci viene in aiuto Papa Francesco quando scrive: “Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova.” (Gaudete et Exsultate, 14)
La strada verso la santità, per due persone unite dal sacramento del matrimonio, ci appare costituita da tre passi fondamentali: accogliere la propria identità; accogliere le diversità nella nostra coppia; accogliere insieme le diversità degli altri.
Accogliere la propria identità. ”Non potremo però celebrare con gratitudine il dono gratuito dell’amicizia con il Signore, se non riconosciamo che anche la nostra esistenza terrena e le nostre capacità naturali sono un dono. Abbiamo bisogno di riconoscere gioiosamente che la nostra realtà è frutto di un dono, e accettare anche la nostra libertà come grazia” (Gaudete et Exsultate, 55). Questo scrive Papa Francesco e nelle sue parole rileggiamo l’impegno necessario ad ognuno di noi per accogliere nel modo migliore le proprie caratteristiche personali, passo indispensabile verso la disponibilità ad accogliere gli altri.
Scorrono veloci le immagini e le situazioni della vita. Alcuni momenti della gioventù (ma non solo) in cui gli altri sembrano più adatti di me in tante situazioni. La delusione di non sentirmi all’altezza di alcune cose. Ma anche lo stimolo che arriva dagli amici attraverso i quali Dio si affianca a me sulla strada, come ai discepoli di Emmaus. E l’incontro con la preghiera, fonte di consolazione e di coraggio. E l’energia per reagire alle proprie debolezze, che lo Spirito è in grado di infondermi. Ѐ soprattutto l’incontro con lei/lui, il dono più grande attraverso il quale Dio si è manifestato nella mia vita, la certezza che l’Amore ha occhi più attenti dei miei per leggere il bello e il buono che il Signore ha creato con me.
Io sono unico! E Dio mi ama per come sono, perché sono io. Lui mi conosce dall’eternità, mi chiama per nome e aspetta che la mia vita diventi una risposta al suo amore, rispettando senza riserve la mia libertà.
Padre Caffarel ha sintetizzato l’amore con cui Dio avvolge la vita di ognuno di noi in queste significative parole: “Il Dio onnipotente, tuo creatore e creatore di ogni cosa, ti ama divinamente, vale a dire infinitamente, e ti ama da tutta l’eternità, e ti ama personalmente; egli sicuramente vuole che tu diventi santo, ma intanto ti ama come sei e il suo sguardo ti segue incessantemente con infinita tenerezza.” (Henri Caffarel, Ai Crocevia dell’Amore).
Accogliere le diversità nella nostra coppia. “L’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità, ma una “unità nella diversità” o una “diversità riconciliata”. In questo stile arricchente di comunione fraterna, i diversi si incontrano, si rispettano e si apprezzano, mantenendo tuttavia differenti sfumature e accenti che arricchiscono il bene comune. C’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali” (Amoris Laetitia, 139).
È ancora Papa Francesco che ci apre alla riflessione sul nostro cercare di essere santi nonostante le nostre diversità anzi santi perché diversi!
Se pensiamo a noi, inutile nasconderlo, siamo diversi e questo non è sempre facile da accettare. La razionalità di Mauro e l’intraprendenza di Enza, la riservatezza dell’uno e la socialità dell’altra… a volte virtù, altre volte barriere.
Quando le nostre specificità non vengono guardate con gli occhi di Dio, diventano motivo di scontri e dissapori. Ma ringraziamo Dio per le nostre diversità, per l’oro che riusciamo a trovare nell’altro ogni volta che ci impegniamo a raschiare il fango dei nostri pregiudizi.
Capita spesso di vedere le situazioni della vita in modo diverso, con diverse sensibilità, ma riusciamo ad affrontarle insieme quando ci aiutiamo vicendevolmente a riconoscere il lato buono delle cose. Questa è la ricetta della nostra felicità. E’ la via per sostenerci a vicenda sulla strada della santità.
Insieme siamo più forti se evitiamo di giudicare le nostre differenze ma le uniamo nella fiducia, nell’armonia, nella comune ricerca di Dio. E in questo modo la nostra unione diventa energia positiva, senza correre il rischio di chiudersi in sé stessa.
Padre Caffarel ci ricorda che:
“Non vi è alcun rischio che una famiglia di questo tipo sia una specie di ghetto in cui ci si rinchiude al riparo dalle difficoltà del mondo: in essa si viene per riprender forza nell’amore vicendevole, nella preghiera e nel riposo, ma per ripartire con nuovo slancio verso i grandi compiti umani, come servitori del “Dio amico degli uomini”. Così gli sposi cristiani sono in pieno mondo i testimoni del Dio vivente.” (Henri Caffarel, Roma 1970)
Accogliere insieme le diversità degli altri. “… l’unità dello Spirito armonizza tutte le diversità. Supera qualsiasi conflitto in una nuova, promettente sintesi. La diversità è bella quando accetta di entrare costantemente in un processo di riconciliazione...” (Evangelii Gaudium, 230).
Riconciliare tutte le diversità, una bella missione per la nostra coppia verso la santità … visto che già facciamo fatica ad armonizzare le nostre. Ma ci rendiamo conto che valorizzare i carismi di tutti, trasformandoli da potenziali barriere a opportunità di crescita, solidarietà e cooperazione è un compito che non possiamo separare dalla nostra vocazione di sposi cristiani, chiamati ad essere segno dell’amore di Dio nel mondo.
Le prime diversità che ci siamo trovati ad accogliere insieme, sono state le nostre due figlie. Uniche anche loro, che ci hanno fatto vivere la tentazione di considerarle una nostra proprietà da plasmare a nostra immagine. Ma Dio ci ha aiutato a capire che sarebbe stata una pretesa inutile, che il nostro essere “collaboratori di Dio” fa parte di un progetto che va oltre, che doverci impegnare come educatori significava anche lasciarci educare da queste creature all’amore gratuito e alla disponibilità senza riserve. Una gran fatica un grandissimo dono! Senza di loro saremmo stati diversi, con loro siamo diventati migliori, insieme.
Come coppia siamo chiamati a sostenerci l’un l’altro nel testimoniare il nostro essere cristiani nel mondo del lavoro. Un mondo spesso permeato di valori in contrasto con quelli del Vangelo, nel quale potremmo sentirci deboli e isolati, pronti a giudicare e condannare senza riserve chi appare lontano dal nostro modo di pensare.
La forza del nostro sacramento e del reciproco sostegno, assieme all’affidamento al Signore, ci spinge ad impegnarci per restare noi stessi, coerenti nei pensieri e nelle opere, ma aperti e accoglienti verso tutti, pronti a riconoscere il “bello” che Dio ha concepito in ognuno e a costruire opportunità di dialogo e condivisione.
E come coppia in “servizio”, nella Chiesa e nel Movimento End, ci sentiamo impegnati non tanto (o non solo) a mettere a frutto i nostri carismi, ma soprattutto ad accogliere e apprezzare i talenti di chi cammina al nostro fianco, non lasciandoci spaventare dai muri del carattere che sembrano allontanarci, ma costruendo ponti di benevolenza con i pilastri della comunione nel Vangelo.
Dobbiamo cercare di ricordarci sempre che servire non ha per oggetto cambiare l’altro secondo le nostre idee e modelli. Servire è stare vicino all’altro, così come egli è, con lo spirito di Cristo. E non lasciamoci scoraggiare dalle aspettative troppo alte che spesso noi riponiamo negli altri, perché Dio sa leggere i cuori con un’altra unità di misura. Prende i nostri diversi carismi a dimensione “umana”, li unisce e li innalza in un amore senza confini. Non si diventa santi da soli!
Qui ci piace ricordare le parole di Don Tonino Bello: “Il genere umano, Signore, è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre Persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze. […] La pace è convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento. Un volto da contemplare, da guardare e da accarezzare.”
Concludiamo rivolgendo nuovamente il nostro pensiero al periodo particolare che stiamo vivendo con l’emergenza covid. Un momento nel quale “l’altro” potrebbe apparirci lontano e addirittura fonte di pericolo. Nel quale il concetto di “santità” sembrerebbe quasi esclusivamente legato a chi si impegna in prima linea sul fronte sanitario. Ma guardando meglio l’esperienza di questi mesi, riusciamo a cogliere segni di santità in tante situazioni. Le molte case diventate veramente “piccole chiese domestiche”, gli sforzi per cercare di coltivare le relazioni e stare vicino a chi ne ha più bisogno, l’impegno ad unire idee e talenti per sentirci sempre comunità in cammino. “Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.” (Papa Francesco, 27 marzo 2020)
Se mai la bontà di Dio arriverà a considerarci “santi”, sarà perché ciascuno di noi due ha speso i suoi talenti per aiutare l’altro ad esserlo, perché degli amici con carismi multicolori - come quelli del movimento End - hanno percorso con noi questa strada, sostenendoci e facendosi sostenere … Santi perché uniti … santi perché diversi.