Ahimè eccolo inesorabile il blocco dello scrittore. E'da un po’ che sappiamo di ‘dover scrivere l’editoriale per la lettera 204, ma puntualmente la pagina bianca ci blocca...abbiamo letto più volte il brano evangelico,c’è stata la settimana santa che, con la ricchezza delle sue celebrazioni, ci ha immersi nella Parola e nel mistero della Salvezza, ci sono stati temi di studio e riflessioni che ci hanno molto stimolato sia nella nostra équipe di base, sia nelle équipe di servizio, abbiamo vissuto più DDS passeggiando o confrontandoci nel nostro giardino fiorito, c’è stata la Sessione primaverile eppure… eppure il foglio rimane bianco. Poi un pomeriggio piovoso, il nostro sguardo si posa sulla traccia del sollecito per la Lettera 204, in particolare sul sottotitolo... “Il mondo dentro di me”.
Ci eravamo fino ad allora soffermati sulla parola “Pentimento”, confidandoci alcune riflessioni personali che evidenziavano quanto ciascuno dei due attribuisse a questa parola un significato simile a conversione (come nella definizione ebraico/greca più antica di questo termine), cambio di rotta, magari inizialmente per convenienza, pensando al figlio della parabola, ma capace di aprire, poi, lo sguardo su un amore che ci precede, l’amore del Padre che anticipa qualsiasi gesto del figlio e che, con la sua gratuità, aiuta a rimettere a fuoco il senso della propria vita…
Ecco che ora risuona forte questa frase: Il mondo dentro di me… ci sembra un forte invito rivolto a ciascuno di noi e alla nostra coppia nello specifico. È un invito a soffermarsi, a rientrare in sé, come si dice nel testo della parabola, a ripercorrere i passi del figlio per fare unità della propria vita… tanta è la ricchezza di ciò che ciascuno dei due vive, ma è importante che il mondo in cui viviamo, la nostra quotidianità fitta di impegni, faccia pace con la nostra interiorità, che tutta la nostra vita sia presente in noi e che noi stessi ci mettiamo interamente alla presenza del Signore, per saperci porre in autenticità alla presenza del coniuge.E allora riaffiora come per il figlio un ricordo; egli si è ricordato dei profumi e del calore di casa, ma anche della dignità e rispetto con cui erano trattati i servi e anche noi ci lasciamo trasportare da alcuni ricordi.
Nella nostra vita il fare memoria, il ritornare alle sorgenti della nostra chiamata all’Amore, ci ha sempre aiutato a rimettere costantemente a fuoco la direzione più giusta da intraprendere, ma alcune volte questo è stato un faticoso e sofferto cammino di conversione… ci riferiamo in particolare ad un periodo complesso della nostra vita familiare, quando la nostra porta di casa si apriva ogni lunedì all’alba, quando Roberta accompagnava Massimo in stazione per andare a Roma, sapendo che poi non avrebbe varcato la soglia di casa sino al venerdì sera… e tutto questo è durato quasi due anni. Pur avendo scelto razionalmente e insieme questa soluzione lavorativa, c’era molto di non detto che lasciava spazio in entrambi a equivoci e supposizioni, che lavoravano in malo modo dentro di noi, falsando l’idea l’uno dell’altra e di entrambi sul nostro progetto di coppia e famiglia.
Roberta si sentiva relegata a un ruolo prevalentemente materno nella gestione familiare, mentre Massimo sentiva il peso di dover mantenere una famiglia numerosa, ma entrambi, presi dal proprio ruolo, non coscientemente scelto, ci sentivamo un po’ dati per scontato l’uno dall’altra e non sapevamo ritrovare quel gusto del camminare insieme che avevamo fino ad allora vissuto da sposi e genitori. Per un po’ abbiamo vissuto vite parallele, con un profondo senso di fallimento e smarrimento, ci sembrava che ciò su cui avevamo fondato la nostra vita, in questa realtà a distanza, si stesse invece svelando un’illusione.
Il metodo End, la nostra caparbietà e soprattutto l’affidarci al Signore da parte di alcuni amici, nella preghiera di intercessione, ci ha permesso di sentire la nostalgia di casa, di quella chiamata all’amore di Colui che aveva scommesso su di noi, sulla nostra coppia. Riguardando la porta di casa, con occhi rinnovati, abbiamo riscoperto il senso vivificante di una preghiera (appesa al suo stipite) che anni prima, da giovani sposi e genitori, avevamo scritto facendo un tema di studio con la nostra équipe (“Si seppe che Gesù era in casa”, libro di Giancarla Barbon e Rinaldo Paganelli pubblicato da EDB)… le parole contenute in questa preghiera erano un invito a varcare la porta di ingresso mai come un’abitudine, ma sempre come una scelta, mai a lasciarsi vivere, ma imparare a rinnovarsi ogni giorno, consapevoli della responsabilità che quotidianamente nel matrimonio vogliamo assumere e condividere…forte in questa preghiera il richiamo ad accogliere e ascoltare ogni membro della famiglia con il suo carico di esperienze vissute, per poter essere poi capaci di vera accoglienza nei confronti degli altri. Abbiamo quindi imparato ad usare tutti gli strumenti che casualmente ci erano stati offerti per ri-centrarci nel Signore.
“Rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene” lo troviamo anche ben ribadito nell’esortazione apostolica Gaudete et Exultate (112) come caratteristica peculiare per camminare verso la santità. ”Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31)…e quanto sentiamo forte questo richiamo ogni volta che ci smarriamo perché, travolti dalle nostre incombenze, perdiamo il gusto di fare casa con l’altro e con gli altri, dimentichi del desiderio di Dio di fare casa con noi. ”E venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Che sia questa la vocazione? Mentre andavamo alla Sessione primaverile a Silvi Marina, abbiamo avuto il dono prezioso di accompagnare nel nostro viaggio Sabino Chialà (monaco di Bose e relatore alla Sessione)… chiacchierando sulla sua vita e sulla ricerca/ discernimento nostro e dei nostri figli, egli ci diceva che ha capito a cosa Dio lo stava chiamando quando “visceralmente” si è sentito a casa, scoprendo poi di volta in volta nella sua vita ciò che questo comportava e tuttora comporta. Anche noi, grazie alla nostra storia, stiamo continuamente toccando con mano questa gioia interiore che nasce da una risposta positiva ad una chiamata all’amore da parte di un Padre che con la viva testimonianza di suo Figlio Risorto e con il Suo spirito vitale, ci rilancia continuamente nella vita, se noi sappiamo sempre accogliere la nostra vocazione e rinnovare la nostra risposta…Riconosciamo che Dio è sempre novità e che certi momenti di difficoltà e fatica, come per il figlio minore e per il profeta Giona (Ge 134) “…possono avere la funzione di farci tornare a quel Dio che è tenerezza e che vuole condurci a un’itineranza costante e rinnovatrice” e ancora… “Dio non ha paura! Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia (Fil 2,6-8 e Gv 1,14). Per questo, se oseremo andare nelle periferie, là lo troveremo. Lui sarà già lì. Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì”. E allora capiamo la portata di responsabilità del nostro SI’.
Avendo sperimentato noi stessi situazioni di periferia nell’abisso del nostro cuore e avendo sentito, grazie anche alla presenza degli altri un Dio morto e risorto che, come per i due discepoli di Emmaus, ci ha ripresi non solo camminando con noi, ma per noi, sentiamo che il nostro SI’ diventa non solo apertura reciproca alla Sua presenza, ma apertura al mondo, in particolare il mondo ferito che quotidianamente incontriamo,affinché venga illuminato, sostenuto e abbracciato dalla tenerezza di un Padre che sempre ci attende e ci accoglie… Questo Padre, tenerezza infinita, che amando a dismisura ci converte, riusciamo a comprenderlo maggiormente se sappiamo calarci nella nostra umanità rivelata dall’umanità stessa di Dio in Gesù, con il suo invito ad amare come Lui ci ama. Egli ci parla di vita, dà un nome ad emozioni e situazioni, si accovaccia per starci vicino e ci mostra i passi possibili nelle svariate circostanze. Questo ci richiama alla memoria un dono che nostra figlia maggiore ci ha fatto un anno fa, una raccolta di suoi racconti dal titolo “Terra Innamorata”. Tra questi, ce n’era uno dal titolo “Figlio mio per sempre”, in cui abbiamo riletto la nostra genitorialità nello sguardo di una figlia che ha saputo immedesimarsi nei sentimenti di un Padre, con grande sensibilità femminile...ed in questo convergere di figure familiari, leggiamo un mondo portato dentro per sostare alla sua Presenza.