LETTERA 193 - MAGGIO-GIUGNO 2017
Editoriale:
CRISTO NOSTRA SPERANZA
Autore:
Ida e Roberto Bazzoni - Coppia responsabile settore Nord Est B
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"... Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero."
Non mancano quotidianamente occasioni nelle quali vorremmo recare agli altri (e
magari anche a noi stessi!) parole di speranza. Diciamo, ad esempio: "Abbi
fiducia...!". Oppure: "Spera! Vedrai che...". O ancora: "Speriamo che...".
Ma a questo augurio, a questo desiderio di dare conforto di fronte alle incerte situazioni
della vita che racchiudiamo nella parola "speranza", quale significato diamo? C’è il
rischio di rimanere un po’ disorientati perché sotto la parola “speranza” ve ne possono
essere nascosti diversi.
Non vorremmo si trattasse di una parola vuota che non ha valore, in quanto attesa
evanescente o aspettativa illusoria di una vita senza problemi.
Potrebbe anche far pensare allo stile di vita di chi non sa o non riesce più a vivere il
presente e lo sopporta in attesa di un futuro migliore, anche se immaginato spesso in
modo fatalistico come “colpo di fortuna” o in modo religioso come “l’altra vita”.
Ci piace, invece, pensare alla speranza come all’atteggiamento di chi affronta
l’esistenza con coraggio e sa stare nel proprio tempo con responsabilità, di chi si
impegna nella costruzione del presente immaginando che procede verso un futuro
aperto, migliore perché custodito da Dio e affidato alla sua promessa.
È su quest’ultimo aspetto che desideriamo soffermarci, per far sì che il nostro parlare
di “speranza” non si riduca a un modo di dire generico, ma possa trarre linfa in ben più
profonde radici.
Le domande di speranza che abitano la nostra vita possono essere interpretate e vissute
alla luce di tanti episodi di cui è ricca la Bibbia nei quali i protagonisti affrontano varie
situazioni del loro presente pieni di fede nel Signore, sapendo che è Lui il loro custode
e che a Lui è affidato il futuro.
Come non pensare ai sentimenti e stati d’animo che può aver vissuto Noè che, fidandosi
di Dio, costruì l’Arca, forse tra la noncuranza e irrisione dei suoi contemporanei, e così
fu motivo di salvezza per tutti gli esseri viventi?
O come non pensare ad Abramo, a Mosè e ai Profeti d’Israele che hanno vissuto tutta
la loro vita con speranza, affidandosi alla promessa di Dio?
Anche nei Vangeli troviamo tanti esempi di personaggi pieni di speranza. Solo per
citarne alcuni: il centurione romano che cerca Gesù, fiducioso nella guarigione del suo
servo e la donna affetta da malattia, sicura di guarire anche solo toccando un lembo
del mantello di Gesù.
Ma cosa può aver spinto tutti questi uomini e donne a “sperare”? Che cosa può aver
significato per loro l’affidarsi a... ? L’aver fiducia in... ?
Ci sembra di poter dire che la loro prospettiva sia stata quella di chi riconosce anzitutto
che il senso, il valore della propria vita non è costruzione autonoma, ma viene sempre
donato in un incontro.
È l’incontro che avviene quando il cammino di ricerca che muove la vita con impegno
e responsabilità si apre al riconoscimento di quanto ci viene offerto come dono. La vita
ci insegna che è importante cercare, che niente arriva per caso; al tempo stesso
l’esperienza delle relazioni vere e belle ci fa dire che esse sono sempre dono, sorpresa
che supera la nostra ricerca e le nostre attese e le apre ad orizzonti più ampi.
Possiamo così renderci conto che sperare è prima di tutto rinunciare all’impresa titanica
della “auto salvezza” nelle diverse forme in cui questa può manifestarsi: la presunzione
di bastare a se stessi, l’orgoglio delle proprie conquiste, la quantificazione del merito
per il corretto svolgimento dei compiti assegnati...
Purtroppo nelle vicende della vita molto spesso non riusciamo a comprendere il
significato di ciò che viviamo e le varie vicissitudini mettono talvolta a dura prova la
resistenza della nostra speranza. Come non pensare, per esempio, ad una malattia o ad
un lutto in famiglia, alla mancanza di lavoro, alle difficoltà che ostacolano una serena
gestione delle relazioni familiari o amicali?
Per non parlare dei grandi problemi che affliggono l’umanità, quali le guerre, il
terrorismo, la cattiva gestione dei flussi migratori, i dissesti di natura economico-
finanziaria ecc...
In queste situazioni è fondamentale lasciarsi convertire alla Speranza cristiana.
Ci appare a tale riguardo illuminante l’esperienza dei discepoli di Emmaus narrata nel
Vangelo di Luca (24, 13-35).
I due discepoli procedono tristi e appesantiti. Avevano posto la loro speranza nel
maestro di Galilea, ma hanno dovuto arrendersi alla durezza della realtà: la
sopraffazione ha prevalso ancora una volta.
Da questa situazione sono convertiti nell’incontro con Gesù: è Lui che li accompagna
e trasforma il loro illusorio “speravamo” (v. 21). I loro occhi si aprono quando
riconoscono il Risorto, presente nel segno della comunione fraterna; è Lui che dona
uno sguardo nuovo a tutta la vita illuminato dalla Scrittura; è Lui che li porta alla
condivisione e alla testimonianza (vv. 31-35).
Quanto hanno vissuto questi discepoli possiamo dire di averlo sperimentato anche noi.
Nella nostra storia non sono mancati momenti di delusione, incertezza e difficoltà,
esperienze in cui i nostri progetti di coppia stentavano a realizzarsi facendo affievolire
in noi la speranza.
È proprio in questi momenti che la preghiera e l’affidamento al Signore, uniti a segni
di vicinanza, ascolto, attenzione da parte di chi ci era vicino, ci hanno “aperto gli occhi”
ridandoci una speranza nuova, la speranza che solo il Risorto ci può donare.
Queste esperienze, che possono essere semplici, ma che toccano sempre nel profondo,
ci insegnano a vivere la speranza cristiana.
Ci dicono che dinanzi al crudo realismo della storia, con l’evasiva illusione di una
convivenza felice, l’annuncio della speranza cristiana trova la sua origine e il suo
fondamento nella vita e nella Pasqua di Gesù Cristo. Egli insegna che la speranza si
vive e si testimonia decidendo con la propria esistenza di procedere accompagnati dalla
certezza che il desiderio di Dio, che è la vita e la nostra salvezza, e la ricerca di felicità
dell’uomo non si contraddicono, per cui è possibile avvicinare chiunque con fiducia e
benevolenza.
Anche quando la storia sembra dire che tutti sono potenziali prevaricatori, l’esperienza
di una presenza amica, di una bontà disinteressata ci fa consapevoli che lo Spirito del
Signore Risorto è con noi e cambia i nostri occhi, così che vediamo la bontà di Dio per
noi.
Ida e Roberto Bazzoni
Coppia responsabile Regione Nord est B