LETTERA 192 - MARZO-APRILE 2017
Editoriale:
FARE E LASCIAR FARE
Autore:
Teresa e Gianni Andreoli -Coppia responsabile di Equipe Italia
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In tutta sincerità, pur essendo inguaribili ottimisti, non ci sembra di scorgere nella
nostra società segnali decisi di cambiamenti epocali...; la difficoltà di confrontare il
presente con le speranze dell’uomo, quelle speranze che vanno oltre il quotidiano, si
dimostra un lavoro difficile che spesso ci lascia stanchi, delusi e la tentazione di
richiudersi nel proprio piccolo mondo è forte. Eppure, dentro di noi, non cessa di farsi
sentire la domanda "Che cosa dobbiamo fare?", e ci viene spontaneo confrontarci in
coppia per cercare di ritrovare un senso nell’abitare la nostra vita, un significato da
dare alla via che ogni giorno ci porta all’incontro con noi stessi, con gli altri, con
l’Altro.
A volte si corre il rischio di entrare nel vortice del fare a tutti i costi (pensiamo al
servizio, in particolar modo) dimenticando che il valore delle proposte di animazione
non si misura solo dal numero dei partecipanti ma da quanto queste siano in grado di
contribuire alla crescita spirituale della coppia, da quanto siano capaci di generare
esperienze in grado di radicare quella fraternità e quel desiderio di comunione che tante
volte abbiamo respirato in Equipe.
Ricordare e cercare di rivivere in noi l’esperienza del Cristo ci può aiutare a fare sintesi,
a fare discernimento per cercare la Sua volontà e in Essa generare un "fare" capace di
diffondere in modo visibile semi di speranza.
Ecco allora che se lasciamo fare alla Parola, se consentiamo che l’esperienza
quotidiana diventi il cammino di conoscenza di Dio, ogni nostro fare sarà come una
semina, un gesto di speranza concreta che getta oggi le basi per il frutto di domani.
Solo se Dio è risposta alle nostre attese di speranza, possiamo pensare di poter essere
aiuto per le attese di speranza dell’altro. Allora il nostro fare non sarà solo la risposta
al bisogno dell’oggi ma profezia dell’incontro di cuori trasformati e rinnovati, gioia
della ricerca di "... ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12, 2).
Se si rinnovano i nostri cuori, anche la speranza umana si trasforma in qualche cosa
che non delude perché riesce ad andare oltre la situazione contingente e oltre la
soluzione del bisogno stesso che, anche quando viene risolto, tante volte si rimanifesta
dimostrando quanto sia effimera la risposta.
Lo stesso Gesù, esaudendo le richieste dei malati e resuscitando Lazzaro, non ha posto
fine a tutte le malattie o all’esperienza della morte ma ha ridato una speranza ultima,
una speranza che non delude e che va oltre l’esperienza di questa vita.
Per riuscire ad essere testimoni credibili di questa speranza il nostro fare deve trovare
le radici profonde nella realtà, nella vita vissuta, nell’ascolto dell’altro e di come lui sia
stato attraversato da esperienze che ci aiutano ad avvicinarci alla sua persona, non
sempre a capire fino in fondo i sentimenti vissuti e le sensazioni provate. Troppe volte
abbiamo lasciato perdere, il nostro fare è stato guidato dal considerare l’idea più
importante della realtà, siamo stati sacerdoti di riti freddi, abbiamo cercato di
allontanare differenze e conflitti invece di accoglierlo come una provocazione che ci
fa crescere. In quali ambiti non ci è successo? In famiglia, in coppia, in équipe, sul
lavoro, nella comunità che frequentiamo e che osiamo chiamare chiesa, ... Ovunque ci
sono margini di incontro perché si generi la comunione delle differenze attraverso il
nostro fare e lasciar fare.
È tempo di dare una direzione al desiderio che si agita in noi, sappiamo che cosa
dobbiamo fare e un nuovo modo di pensare ci potrà essere di aiuto: il Vangelo è una
notizia buona che potremo comunicare se impareremo ad agire con gioia e lasciando
ad essa il compito di portare il messaggio della bellezza di essere strumenti nelle mani
di Dio.
Teresa e Gianni Andreoli Coppia responsabile di Equipe Italia