LETTERA 189 COPERTINA

LETTERA 189 - LUGLIO-SETTEMBRE 2016

Editoriale:

LA VIA DELLA MISERICORDIA - Ovvero come complicarsi meravigliosamente la vita

Autore:

Padre Francesco Saverio Colonna - Consigliere spirituale di Equipe Italia

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Anni fa ho conosciuto una storia che si è impressa indelebilmente nel mio cuore e ha
segnato molto la mia vita. È la vicenda di una ragazza che con altri amici pensò di
recarsi nei dintorni della stazione ferroviaria della sua città per offrire qualcosa di caldo
ai barboni che vi stazionavano. Infatti era inverno e c’era freddo. Guardando uno di
questi uomini, ebbe l’idea di non limitarsi a offrigli qualcosa ma di invitarlo a casa per
pranzo. Vincendo le sue resistenze lo portò dai suoi che furono ben lieti di accoglierlo.
Ed ecco che ad un certo punto, avvertendo il calore di quella casa, quest’uomo
cominciò a raccontare la sua vita. Era un prete che preso dalla passione verso una donna
era fuggito con lei abbandonando la sua parrocchia e il suo ministero. Poi dopo un certo
tempo questa donna lo aveva lasciato ma lui non aveva avuto il coraggio di ritornare
sui suoi passi. Si vergognava molto per quello che aveva fatto e non credeva possibile
un nuovo inizio. Si sentiva un fallito. Passava così i suoi giorni lasciandosi andare,
vagabondando da una parte all’altra, vivacchiando sulle panchine del giardino della
stazione. Ma l’incontro con questa ragazza e con la sua famiglia gli aprì orizzonti
nuovi. Il calore dell’amore dischiudeva in lui la voglia di vivere e di ricominciare. Forse
anche il suo "peccato" di alcuni anni prima era scaturito dalla ricerca di un amore di
cui aveva disperato bisogno. Io non ho conosciuto personalmente questo prete, ma ho
parlato con chi lo conosceva e questi mi ha garantito che dopo quell’incontro aveva
ritrovato la gioia di vivere e di amare. È ritornato ad esercitare molto bene il ministero
di presbitero.
Questo racconto può essere riletto come metafora della via della "misericordia" che
papa Francesco sta tenacemente indicando a ogni membro della Chiesa, consapevole
che "non esistono semplici ricette"(Amoris Laetitia 298). Infatti la via della
misericordia è difficile e scomoda. Non ci lascia in pace. È un sentiero che non ci
semplifica di certo la vita. Infatti non ci offre soluzioni chiare, nette e definitive. E non
offre garanzie di successo. E chi segue questa via si presta alla dura critica di chi
afferma - ieri come oggi - "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani
e di peccatori" (Mt 11,19). Papa Francesco è ben consapevole di quanto sia arduo
mettere insieme cuore e miseria, elementi che costituiscono il DNA della misericordia.
Cuore che si accosta alla miseria, in tutte le sue espressioni. Cuore che si sporca di
fango. E che si prende i rischi di ogni contagio possibile. Un cuore che rinuncia ai
"ripari personali e comunitari" per entrare in contatto con l’esistenza concreta degli
altri. Quando facciamo questo, scrive papa Francesco, "la vita ci si complica sempre
meravigliosamente" (AL 308, Evangelii Gaudium 270).
La ragazza che si reca ai giardini della stazione è il simbolo della chiesa in uscita, che
si sporca le mani di “fango”, che va nei luoghi del disagio, nelle ormai ben note
“periferie”. I “senza fissa dimora” che va ad incontrare rappresentano l’umanità che
non ha più una “casa”: gente che non ha riferimenti, non ha valori, non ha famiglia,
vaga senza una meta. È gente che non merita nulla, come il figlio minore che ha
sperperato i beni del Padre nella ricerca egoistica del piacere e della felicità e che poi
si ritrova solo e smarrito (Lc 15, 11-32).
La tentazione di semplificare la vita con delle leggi ferree e chiare è stata sempre forte
lungo tutta la storia della Chiesa come già nell’Ebraismo e anche in altre culture e
religioni. Chi ha sbagliato deve pagare. Tuttavia già i latini avevano compreso che
“Summum ius, summa iniuria”, cioè il massimo del diritto è il massimo dell'ingiustizia.
Nella stessa linea il saggio don Milani affermava che “non c’è nulla che sia ingiusto
quanto far parti uguali fra disuguali”. Sono da comprendere scrive papa Francesco
"coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna
confusione"(AL 308) e tuttavia proprio questo atteggiamento costituisce "il modo
peggiore di annacquare il Vangelo" invece che promuoverne l’attuazione integrale
(AL 311). Quel prete-barbone che ragioni aveva per ricevere le attenzioni, la cura e
l’ospitalità di quella famiglia? Egli non meritava nulla. Era stato un lussurioso egoista.
Aveva abbandonato i suoi parrocchiani e non era stato fedele alla sua vocazione. Ma
l’amore non si merita, è un dono gratuito. È un cuore che si accosta alla miseria “perché
la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita” (AL 296).
L’amore non cerca spazi di potere per dominare, ma genera processi di liberazione e
di risurrezione (AL 261). Quella ragazza ha generato un processo di salvezza in
quell’uomo che aveva dinanzi e lo ha potuto fare perché vi si è accostata con la libertà
dell’amore e non con il metro del giudizio. La ragazza non ha fatto un intervento
solitario e individuale. Era con gli amici ed è stato poi fondamentale l’invito a casa e il
coinvolgimento della famiglia. L’amore efficace non può che essere ecclesiale, cioè
comunitario. Quella ragazza ha generato un processo di speranza e di amore che ha
coinvolto tutta la famiglia così come ogni scelta di amore coinvolge e plasma tutta la
comunità cristiana. L’intera Chiesa riceve un grande impulso di energia, di vita e di
fecondità quando i suoi membri si aprono ad un amore gratuito e accogliente. Chiuderci
all’accoglienza dell’immigrato, del povero, del malato, prima che essere motivo di
sofferenza per lui, è un male che facciamo a noi stessi. Essere insensibili di fronte allo
smarrimento di molti nostri fratelli priva loro di un aiuto prezioso ma rende anche noi
poveri di umanità.
La misericordia è un processo lungo e lento. Non va d’accordo con quella che papa
Francesco chiama “rapidación” (rapidizzazione - Laudato Sii 18) cioè con la continua
accelerazione dei ritmi di vita del nostro tempo. L’amore non può seguire le regole del
mercato e non può essere pianificato con strategie a breve o a lungo termine. L’unico
tempo che si addice all’amore è l’eternità. La ragazza ha invitato quell’uomo non
perché aveva progetti e mete precise su di lui, ma solo per il desiderio di offrirgli un
po’ di amore e calore. Non aveva alcuna idea di cosa sarebbe potuto accadere. Ha
generato un processo di crescita, permettendo alla persona che aveva davanti di fare le
sue scelte e di farle nei suoi tempi. Questa è la Chiesa che non annulla le persone e le
culture e che rinuncia ad inquadrare tutti nei propri schemi, ma che si apre alla novità
che c’è in ogni uomo. “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di
sostituirle” (AL 37), scrive papa Francesco.
Non nascondo che questo stile misericordioso così ostinato mi sconcerta mentre
avverto spesso in me una certa attrazione verso un orientamento più autoritario e
normativo che mi offrirebbe maggiori chiarezze e sicurezze. Ringrazio papa Francesco
che, insieme ai padri sinodali, mi sprona invece a “togliermi i sandali davanti alla
terra sacra dell’altro” (Relatio Sinodi 77). E ringrazio gli sposi, maestri autorevoli del
rispetto e dell’accoglienza gratuita. Proprio per l’incessante allenamento all’alterità e
allo spogliamento di sé che sono abituati a fare, gli uomini e le donne sposate possono
dare alla Chiesa un contributo speciale per uno stile ecclesiale più tenero, aperto e
accogliente. Fino ad oggi si è parlato dell’importanza della donna e del riconoscimento
del suo valore nella chiesa e nella società. Forse è ora arrivato il tempo, nel solco della
profezia di Caffarel, di porre l’accento non sull’uomo né sulla donna, ma sulla coppia
e sul contributo peculiare che la relazione sponsale può dare al rinnovamento della
Chiesa nella riscoperta della misericordia come sua struttura portante. Con quella
ragazza, mettiamoci in cammino anche noi per andare incontro, senza calcoli, agli
uomini e alle donne che stazionano nei giardini delle nostre città perché la Chiesa sia
sempre “la casa aperta del Padre” (AL 47). Anche se questo può complicarci la vita,
meravigliosamente.

                                                                               Padre Francesco Saverio Colonna
                                                                            Consigliere spirituale di Equipe Italia