LETTERA 187 MARZO - APRILE 2016
Editoriale:
"LAVORATI" DA CRISTO
Autore:
Paola e Carlo Vallarino - Responsabili Regione Nord Ovest B
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Per noi che viviamo al mare è uno spettacolo usuale ma che ogni volta ci rapisce! Sia nelle fredde giornate d’inverno che talvolta all’improvviso d’estate, la mareggiata, con la schiuma bianca che invade il litorale, l’odore di salsedine nell’aria, il rumore sordo della risacca ci affascina e ci inchioda al lungomare assorti nei nostri pensieri…
Ci è capitato durante le giornate di "mare grosso" di soffermaci col pensiero sulle pietre che formano le spiagge del nostro mar Ligure. Quelle pietre arrotondate con tutte le sfumature dal grigio scuro al bianco, con le striature eleganti che le rendono degli oggetti ornamentali da esporre nelle nostre librerie e da raccogliere in barattoli di vetro.
Sì, queste pietre sono rese tonde dalle onde, dal continuo sfregarsi l’una con l’altra portate avanti e indietro dalla risacca, dal continuo lavorio dell’acqua che le sposta e per secoli e millenni, le lava e le leviga con il moto ininterrotto del mare...
Le prime parole di Gesù, proclamate dal monte, come una nuova alleanza - un’alleanza non più basata, come quella dettata a Mosè sul monte Sinai, sull’obbedienza alle leggi, ma sulla somiglianza - "Beati i poveri di Spirito", ci richiamano alla mente le pietre della spiaggia, quelle pietre, una volta ruvide e spigolose, staccate da chissà quali forze dagli scogli o dalle rocce a strapiombo sul mare e ora tondeggianti e lisce.
Essere poveri di Spirito ci richiama il "farsi lavorare", proprio come le pietre del mare, essere disposti a smussare i nostri spigoli, essere umili, adottare un "atteggiamento di ‘radicale desistenza’, ovvero l’abbandono di ogni arrogante sufficienza, di ogni pretesa di dominare e prevalere sull’altro, di ogni egoistico possesso materiale o spirituale".
È il farsi povero, non l’essere povero! Non crediamo che Gesù voglia aumentare il numero già grande dei poveri sulla terra, anzi, il "farsi povero", il lasciarsi "lavorare" da Dio ci porterà inevitabilmente al distacco dalle cose, all’utilizzo delle nostre ricchezze sia materiali che spirituali per servire Dio attraverso i fratelli.
Le pietre che si allisciano sfregandosi con le altre pietre nella risacca, ci ricordano che quello che siamo, ognuno diverso dall’altro, ognuno con la propria sfumatura e con le "striature" che ci impreziosiscono, è il frutto della relazione con l’altro, con chi, uguale a noi ma profondamento diverso, ci sta accanto e ci aiuta a capire chi siamo nel profondo. È con l’altro che impariamo a smussare i nostri punti spigolosi e a lisciare le nostre ruvidità! È l’altro che ci fa capire dove devo cambiare o se siamo sulla strada giusta! La relazione di coppia, lo sappiamo bene è la migliore risacca! L’essere poveri in spirito per noi coppie può partire dalla nostra vita con il coniuge: l’"arrotondarsi" l’uno con l’altro! Il dovere di sedersi è il "mare" migliore, quello che non ci fa scontrare con forza come durante una bufera, ma quello che ci culla con le piccole onde. Quando riusciamo veramente nel nostro intento a farci in tre per lasciarsi plasmare l’uno con l’altro e dal Signore seduto con noi, allora ci sentiamo piccoli, teneri, pronti ad accoglierci a stringersi l’un l’altro. Ma da questa umiltà da questa tenerezza sentiamo sorgere la nostra forza, ci sentiamo felici, di amare e di essere amati, ci sentiamo...beati!!
Quando in équipe apriamo il cuore nella compartecipazione del nostro cammino di fede e umano come persone e come coppia, anche lì ci "facciamo lavorare" dagli altri, dai loro sguardi, dalle loro parole di conforto o di aiuto, qualche volta - perché no? - anche di stima o di ammirazione. Quando con pazienza ascoltiamo l’altro frenando la nostra voglia di intervenire, di dire la nostra e ci mettiamo in atteggiamento di accoglienza fraterna, pronti ad un ascolto che penetra il nostro cuore per cambiarlo, per farlo muovere dal centro in cui tante volte lo mettiamo, anche lì, se ci facciamo piccoli e umili, se ci facciamo "poveri in spirito", allora assaporeremo la gioia della condivisione delle nostre vite, anche lì ci sentiremo...beati!!
Siamo però chiamati ad un passo ulteriore. Enzo Bianchi a proposito della prima beatitudine ci dice "La povertà vissuta e annunciata da Gesù - lui che è l’uomo delle beatitudini - non è un mancare di tutto (non si troverebbe mai il fondo!), non è miseria o indigenza, ma è una rinuncia a possedere per sé: ciò che si ha e si è va sempre condiviso con gli altri; ciò che si ha e si è non va considerato come un privilegio, come un titolo di successo o di potere, ma occorre condividerlo, senza trattenerlo per sé... Non lo si ripeterà mai abbastanza: il vero nome della povertà vissuta da Gesù Cristo, e dunque della povertà cristiana, è condivisione".
Siamo chiamati quindi alla condivisione dei nostri beni materiali per un mondo più giusto, un mondo con meno poveri, ma con più "poveri di spirito". Siamo chiamati a farci carico del futuro della nostra terra con stili di vita nuovi, più sobri, che rispettino le esigenze di tutti oggi e delle generazioni future. Siamo chiamati a mettere a disposizione degli altri le nostre ricchezze intellettive e spirituali perché anche gli altri possano crescere in capacità e santità per avere già oggi sulla terra la felicità e la gioia del Regno dei Cieli: e allora ci sentiremo... beati.
Paola e Carlo Vallarino
Equipe Italia
Coppia Responsabile Regione Nord Ovest B