Lettera 170

LETTERA 170 OTTOBRE - NOVEMBRE 2012

Editoriale:

Nomadi, con gli occhi verso il cielo

Autore:

Cinzia e Sergio Mondino - Equipe Italia

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Fin da bambini ci hanno affascinato i popoli nomadi, così diversi da noi stanziali, così coesi fra di loro, ricchi di tradizioni, liberi, colorati, capaci di arrivare  in  un  attimo  e  sparire  con altrettanta  rapidità.  A ben  vedere  ci stupiscono ancora oggi, soprattutto per quella  loro  capacità  di  avere  radici profonde,  senza  avere  un  “luogo”  di appartenenza:  non  hanno  riferimenti spaziali, ma sono capaci comunque di mantenere la propria identità, che tramandano di generazione in generazione. 
Il popolo di Israele è stato per lungo tempo nomade e ha saputo portare nel deserto l’essenza della propria divinità senza bisogno di città o templi che garantissero il rispetto per la tradizione. Il Signore parla a Mosè nel  libro dell’Esodo e gli indica con estrema precisione il modo per costruire un luogo di culto itinerante, in cui l’Arca dell’alleanza ha un posto preminente: essi mi faranno  un  santuario  e  io  abiterò  in  mezzo  a  loro.  Eseguirete  ogni  cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi. Faranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d’oro .
Sembra che essere cristiani oggi, in un’epoca di crisi e desacralizzazione, rimandi ai giorni dell’Esodo: abbiamo lasciato alle spalle un Egitto in cui per anni abbiamo vissuto nella sicurezza e nell’abbondanza, per andare verso una Terra promessa di cui non intravediamo neppure i contorni, ma che esiste e rappresenta una certezza assoluta. Sentiamo attorno a noi di aver perso i riferimenti, i luoghi del nostro cristianesimo, le chiese, i campanili e dobbiamo partire come veri nomadi che custodiscono dentro di sé, non in uno spazio definito, la propria identità e la propria cultura religiosa. 
Il nostro Movimento in questi anni sta cercando di costruire un percorso che porti a ripensare a una nuova spiritualità, a un nuovo approccio al sacro, che possa dare risposte ai molti interrogativi del mondo d’oggi. Il tema di studio proposto per il proseguimento della riflessione dopo Brasilia chiama la situazione attuale “neo-pagana” e prende a riferimento la figura di San Paolo, colui che più di tutti operò in un contesto privo di fede: il suo ruolo principale non fu la predicazione, ma l’annuncio della sua testimonianza persona-le come persona unita a Cristo. Paolo convertì la comunità familiare tra-sformando i valori pagani, naturali ed umani, in valori cristiani, in altri ter-mini trasformando semplici famiglie pagane in autentiche comunità cristiane.  [...] La nostra strategia non deve essere diversa da quella utilizzata dai primi cristiani: porsi tra le coppie e nelle famiglie per impregnare la loro cultura dei valori evangelici. Questa diffusione del Vangelo non può essere né massiccia né discorsiva, essa deve essere “vivente”. Proprio per questo abbiamo  bisogno  “di  inculturare ”  il  Vangelo  nei  diversi  ambiti  della  vita umana, trasformando dall’interno le coscienze, le culture, i costumi con la forza e la luce del Vangelo .
Cosa significa trasformare dall’interno le coscienze, le culture, i costumi con la forza e la luce del Vangelo? Cosa significa offrire pane all’esterno del Movimento, che è proprio il tema di questa Lettera 170? Il Piano editoriale2012 ci invita a essere capaci di  “andare oltre” i nostri limiti e confini, mettere una buona volta sotto il ferro e il fuoco dei nuovi bisogni, delle vecchie e nuove sofferenze della coppia e della famiglia d’oggi, la nostra concreta testimonianza di coppie cristiane in formazione. 
Stiamo svolgendo il nostro servizio di Responsabili di Regione da ormai tre anni e ci diverte ripercorrere a ritroso il cammino con gli amici di Equipe Italia per cercare un filo rosso. Vogliamo trovare il denominatore comune che ha unito la riflessione nei vari momenti forti che il Movimento ha vissuto in questi anni, dalle Sessioni Nazionali, a quelle per le Coppie Responsabili di Settore, alla Sessione per i Consiglieri spirituali, a quella che abbiamo avuto nella  nostra  Regione,  la  Nord  Ovest A.  Non  troviamo  una  linea  tematica comune a tutti gli incontri, non abbiamo il ricordo di discorsi fulminanti o di eventi catartici. Il filo rosso però esiste, ne abbiamo la certezza perché vediamo bene la strada percorsa: la riflessione ha avuto un approfondimento nella  direzione esterno/interno, si è passati dalla mente al cuore. Si è cercato un approccio nuovo: il tentativo di trovare domande e possibili soluzioni, non tanto  nelle  relazioni  degli  “esperti”, quanto  all’interno  del  cuore  di  ogni  équipier ,  coinvolto  attivamente  nelle iniziative.  Per  arrivare  al  cuore  si  è passati spesso attraverso i sensi, come l’udito, la vista, il tatto; si sono usate metodologie nuove, come il cinema o la musica. Non è stato, e non è, il tentativo di seguire mode passeggere, ma la precisa consapevolezza che o si arri-va al cuore, o nulla si sposta, nulla cambia. E come facciamo ad essere credibili all’esterno, come facciamo a diffondere il Vangelo in maniera non massiccia, non discorsiva, ma vivente se non cambiamo dentro? 
Il cristianesimo del futuro - dice don Giovanni Ferretti, il teologo torinese  autore  di  una  riflessione  molto  interessante  sull’essere  cristiani  oggi  dovrà sempre più passare dal “sacrale” al “simbolico”; cioè da una realtà religiosa fissa e immutabile, nei cui confronti si è solo passivi, a una realtà religiosa sempre aperta e in movimento, che richiede di essere fatta propria con un’interpretazione ed una partecipazione personale; da una realtà esteriore che agisce o si impone autoritativamente, ad una realtà vissuta e sperimentata interiormente, in cui si è liberamente coinvolti con convinzione eretta coscienza .  Essere cristiani nomadi significa allora essere diversi dal passato, più consapevoli del proprio cammino spirituale, sereni anche se si ha la precisa sensazione di essere in pochi, di attraversare un deserto di pagane-simo. Essere coppie di sposi in movimento, essere preti e suore che amano questa Chiesa con i sandali ai piedi, vuol dire spezzare il proprio pane e con-dividerlo con semplicità con gli altri, vuol dire custodire nelle nostre case il sacro, il divino e diffonderlo con speranza nelle comunità di cui facciamo parte. Don Beppe Anfossi, vescovo emerito di Aosta, rispondeva con un’al-tra, spiazzante domanda a noi che gli chiedevamo lumi sulla crisi religiosa del momento: “Perché, per essere cristiani bisogna essere in molti?”. 
Ci  piace  concludere  con  una  citazione  di  un  sacerdote,  don  Francesco Cassol , vero nomade di Dio, amico di infanzia di Cinzia, con cui ha condiviso  anni  di  scoutismo:  don  Francesco  è  morto  nelle  Murge  nell’agosto  del 2010, ucciso per errore da un cacciatore. Stava dormendo in un sacco a pelo, all’aperto, durante l’annuale appuntamento del Goum, un cammino spirituale in luoghi desertici, a cui non rinunciava mai: “Ho dormito ancora tante volte all’aperto e tante ancora ne dormirò, se Dio me lo concederà. E ogni volta, anche se stanco, alzo per poco gli occhi alle stelle. E ringrazio Dio per avermi concesso di far parte di questa straordinaria tribù del Goum: nomadi con occhi, mente e cuore che anelano al cielo stellato, perché nel cielo stellato hanno la loro vera casa”