Shahbaz Bhatti, dieci anni dalla morte del difensore dei cristiani e degli oppressi
Ricorre oggi il decimo anniversario dall’uccisione del ministro per le Minoranze del Pakistan, strenue difensore dei diritti degli emarginati e degli oppressi. Il ricordo del fratello, Paul, che ne porta avanti l’eredità.
La sua condanna a morte la segnarono il suo impegno a difesa della libertà di fede e la convinzione di dover modificare la legge antiblasfemia, legge che, nel 2010, aveva portato alla pena capitale per Asia Bibi, di cui aveva preso fortemente le difese. Clement Shahbaz Bhatti fu ucciso a 42 anni ad Islamabad, la mattina del 2 marzo 2011, mentre andava a lavorare, al suo posto di ministro per le Minoranze che ricopriva dal 2008, unico ministro cattolico presente nel governo, nominato sotto il presidente Asif Ali Zardari. Il suo impegno, in quegli anni, conta numerosi provvedimenti a sostegno delle minoranze religiose. Bhatti fu anche alla guida del National Interfaith Consultation, organizzazione che vedeva riuniti leader religiosi di tutte le fedi provenienti da tutto il Pakistan, che arrivò persino ad una dichiarazione congiunta contro il terrorismo.
L'infaticabile lavoro accanto agli ultimi
La sua azione fu sempre ispirata dal bene per gli emarginati e gli oppressi, dalla adesione totale alla lotta per l’uguaglianza umana, per la giustizia sociale e per la libertà religiosa. La sua uccisione fu rivendicata dal gruppo Tehrik-i-Taliban Pakistan, il movimento dei talebani in Pakistan, che lo definì un bestemmiatore di Maometto. A cinque anni dalla morte, nel 2016, è stata aperta la causa di beatificazione. Paul Bhatti (l'immagine a lato lo ritrae nell'incontro avuto con Papa Francesco nel 2018), suo fratello, dal 2011 al 2014 Ministro dell'armonia e delle minoranze , da dieci anni mantiene viva la memoria e le iniziative di Shahbaz, unica via d’uscita, spiega, dal terrorismo e dall’odio e “ogni anno – racconta a Vatican News – registriamo un progresso”.
Per quanto riguarda quello che lui ha iniziato, in termini di lotta all'ingiustizia, si sente ancora sempre ripetere il suo messaggio, e tutta questa battaglia non è solo per la protezione dei cristiani, ma è contro qualunque ingiustizia verso chiunque, possano essere i musulmani, possano essere i sikh, possano essere gli indù, in Pakistan, così come in altri Paesi, dove, in nome della religione o dell’estremismo, ci sono tantissime ingiustizie. Tutte le persone che intendono difendere la dignità dell’uomo ed eguali diritti per tutti, capiscono che l’idea di Shahbaz è molto importante. Lui è partito come voce della giustizia, poi questa battaglia è divampata contro l’estremismo e il terrorismo. Ora c’è l’emergenza Covid, ma prima di questo avevamo terrorismo e fanatismo in tutto il mondo, in maniera particolare nelle società più povere, come quella del Pakistan, dove i cristiani erano emarginati, erano gli oppressi, i non integrati nella società. Lui è partito con l’idea dell’integrazione nella società delle persone più povere, dei più deboli, per rendere più dignitosa la loro vita, per far capire che anche loro avevano i loro diritti, perché tantissime persone vivevano talmente oppresse da credere che quello fosse il loro destino. Lui ha cercato di far capire a queste persone che avevano diritti come tutti gli altri. Tutto questo in Pakistan si è manifestato con vari cambiamenti e con varie riforme.
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È importante prima di tutto stabilire un cambiamento di tipo educativo, ossia un tipo di insegnamento, di cultura, che non instilli il messaggio di odio per gli altri esseri umani, per coloro che sono di fede diversa. Questo non è un pericolo solo per il Pakistan o per i cristiani, ma lo è per tutto il mondo. Perché questa visione del diverso come di un nemico, se viene inculcata nei bambini, man mano che cresceranno, cresceranno anche odio e divisione, e questo è un pericolo per il mondo. Questo era il messaggio molto forte che Shahbaz aveva lanciato in quel momento, e questo è un pericolo che noi dobbiamo fermare.