SINODO PER L’AMAZZONIA: PERCHE' COINVOLGERCI E COME?
Ha preso avvio il 6 ottobre un nuovo appuntamento sinodale della Chiesa: fino al 27 ottobre si svolgerà l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, dal titolo «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale».
L’attenzione si concentra su un territorio di cui si riafferma la specificità: «L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità; è multietnica, pluriculturale e plurireligiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa»
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Per questa ragione occuparci del Sinodo per l’Amazzonia non è una fuga esotica dai nostri problemi locali, comunque non trascurabili.
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Questo Sinodo è un esperimento, il primo probabilmente, di articolazione tra la dimensione locale e quella globale [. . .]
Proprio l’articolazione tra globale e locale è la chiave interpretativa principale per comprendere lo sviluppo di questo percorso sinodale e capire come parteciparvi autenticamente, seppur con modalità differenziate. [. . .] il Sinodo interpella in modo diverso chi vive in Amazzonia e tutti noi che ne siamo fuori: la questione riguarda tutti, ma non allo stesso modo. È di vitale importanza rispettare la scelta di focalizzare il Sinodo su una regione peculiare, evitando di imporre prospettive estrinseche o di “globalizzarlo”, aggiungendo temi rilevanti in altri contesti.
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Un primo passo indispensabile per seguire il Sinodo è mettere a fuoco la complessità dell’Amazzonia, le caratteristiche che la rendono per molti versi un unicum. Si tratta di un territorio enorme, di circa 7,5 milioni di kmq (25 volte l’Italia), suddiviso tra 9 Paesi (Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela, più la Guyana francese), nessuno dei quali però si trova interamente nella regione amazzonica: la maggioranza della popolazione di questi Paesi vive nelle porzioni di territorio ad essa esterne, dunque per quanto vasta, l’Amazzonia si trova sempre in una condizione di minoranza.
Tra gli abitanti di questo immenso territorio vi sono quasi 3 milioni di indigeni, appartenenti a circa 390 popoli e nazionalità differenti, oltre a un numero di popoli indigeni in condizione di isolamento volontario, stimato tra 110 e 130. Si esprimono in 330 lingue diverse, metà delle quali parlate da meno di 500 persone. Ben più numerosi sono gli abitanti di origine diversa, arrivati lungo i secoli, che parlano le lingue nazionali dei Paesi di origine (principalmente spagnolo e portoghese) e rappresentano la maggioranza della popolazione urbana della regione. Di recente è comparsa una nuova categoria, quella degli indigeni urbanizzati, di cui alcuni restano riconoscibili, mentre altri tendono a essere assimilati dalla popolazione maggioritaria.
Del tutto peculiare è anche l’importanza dell’Amazzonia dal punto di vista ambientale: essa è la principale riserva di biodiversità, ospitando tra il 30% e il 50% delle specie viventi (animali e vegetali) del pianeta. Contiene inoltre circa il 20% dell’acqua dolce non congelata di tutta la superficie terrestre, e svolge un ruolo di polmone climatico per l’intera America latina e non solo.
In questa immensa varietà, che consente di parlare di una pluralità di Amazzonie, è l’acqua, «attraverso le sue vallate, i fiumi e i laghi, a configurarsi come l’elemento articolante e unificante, considerando come asse principale il Rio delle Amazzoni, il fiume che è madre e padre di tutti» (DP, n. 1). Questo vale per l’ambiente naturale, come per la popolazione umana, in termini tanto economici quanto culturali e simbolici, visto che proprio i fiumi permettono di spostarsi in una regione coperta quasi per intero da una fittissima foresta.
Il termine scelto dai documenti sinodali per esprimere questa identità complessa, che è insieme geografica, antropica e ambientale, è bioma, cioè una porzione ampia di biosfera caratterizzata da una certa vegetazione o fauna dominante.
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Per noi “non amazzonici” questo diventa un invito a rimettere in discussione confini, prospettive e categorie a cui facciamo usualmente ricorso per caratterizzare un territorio e analizzarne le problematiche, in quanto insufficienti a rendere ragione della realtà.
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Mettersi in ascolto dei popoli indigeni e di tutte le comunità che vivono in Amazzonia è fondamentale anche dalla nostra prospettiva
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Questa “cosmovisione” e lo stile di vita che ne consegue è spesso indicata con l’espressione buen vivir (in italiano “buon vivere”), che traduce in spagnolo espressioni di diverse lingue amazzoniche, come sumak kawsay, alli káusai o shien pujut. Si tratta di un modo di vivere che affonda le radici nelle tradizioni indigene e fa riferimento non a una dottrina compiuta, ma a pratiche di creazione di relazione tra le persone e i gruppi attraverso il legame con il territorio.
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Le culture amazzoniche sono una civiltà articolata e viva, che da secoli si confronta con la sfida della modernità e della colonizzazione, e continua a fare i conti con conflitti e contraddizioni interni ed esterni
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Il termine «cammini» scelto per il titolo del Sinodo ci suggerisce una immagine della sfida che ci attende, quella delle vie di comunicazione, uno dei punti critici per l’Amazzonia. Il “nuovo” di cui essa ha bisogno non è rappresentato dalle autostrade che molti vogliono moltiplicare al suo interno, contribuendo alla sua distruzione, con gravi conseguenze per l’intero pianeta. “Nuovo” non è nemmeno riproporre la piroga che solca i fiumi, se questo significa rinchiudere i popoli dell’Amazzonia nell’idealizzazione del passato. Vedremo come l’Assemblea sinodale e il processo che ne scaturirà riusciranno concretamente a tracciare questi “nuovi cammini”, coinvolgendo innanzi tutto le comunità e i popoli dell’Amazzonia in tutte le loro articolazioni, nella consapevolezza che «dare forma a una Chiesa dal volto amazzonico ha una dimensione ecclesiale, sociale, ecologica e pastorale, spesso conflittuale» (IL, n. 111).
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Da un articolo di Giacomo Costa SJ
Direttore di Aggiornamenti Sociali