RISVEGLIARSI DAL LETARGO DELLA RESPONSABILITÀ PER CONTRASTARE IL RISCHIO DELL'INDIFFERENZA

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Dio chiama e propone, l’uomo risponde. Può farlo perché ne è capace, è respons-abile. A volte lo fa, ma non sempre, e quando l’uomo non risponde ritorna ad essere un elemento solamente naturale. Lo si riconosce dal fatto che mette a dormire la propria responsabilità, la mette “in letargo”. È questa l’espressione che il Papa ha utilizzato nel suo ultimo Messaggio per la giornata mondiale dei poveri pubblicato sabato 13 giugno: «Le gravi crisi economiche, finanziarie e politiche non cesseranno fino a quando permetteremo che rimanga in letargo la responsabilità che ognuno deve sentire verso il prossimo ed ogni persona».
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Il Papa cita ben sette esempi di “mani tese”: quella del medico, dell’infermiere, «di chi lavora nell’amministrazione e procura i mezzi per salvare quante più vite possibile», del farmacista, «del sacerdote che benedice con lo strazio nel cuore», del volontario, «la mano tesa di uomini e donne che lavorano per offrire servizi essenziali e sicurezza.
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Quelle mani tese sono state le mani di Dio che chiede, per accarezzare l’uomo, la collaborazione delle mani di altri uomini. Il gesto di tendere la mano al povero, osserva il Papa, «fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano».
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«Non ci si improvvisa strumenti di misericordia» continua il Papa nel Messaggio: «È necessario un allenamento quotidiano, che parte dalla consapevolezza di quanto noi per primi abbiamo bisogno di una mano tesa verso di noi. Questo momento che stiamo vivendo ha messo in crisi tante certezze. Ci sentiamo più poveri e più deboli perché abbiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari, come la mancanza delle consuete relazioni interpersonali hanno di colpo spalancato orizzonti che non eravamo più abituati a osservare. Le nostre ricchezze spirituali e materiali sono state messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura. Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale».
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«Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità». È un discorso che ha senz’altro conseguenze politiche ma prima ancora è profondamente umano e autenticamente cristiano, rivolto al popolo dei cristiani, che per loro natura non possono, su questa terra, sentirsi “a posto”.




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