La questione Teorie di Genere
La questione gender
Una serata importante, mercoledì 7 settembre a Malgrate: su iniziativa di diversi Gruppi decanali, don Aristide Fumagalli (docente di Teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) ha illustrato un tema particolarmente “caldo” in questo periodo: le teorie di genere e le loro ricadute sulla famiglia.
Di fronte ad una sala gremita, don Aristide ha illustrato le origini di queste teorie, legate alla ricerca di parità tra i sessi in una società caratterizzata dalla predominanza maschile, e che hanno portato a distinguere il piano biologico del sesso da quello psicologico della percezione del proprio orientamento sessuale. Questa distinzione tra sesso e genere propizia la tesi principale della gender theory, secondo cui «le differenze tra l'uomo e la donna sarebbero semplici costruzioni culturali, “plasmate” sui ruoli e sugli stereotipi socialmente costruiti»; il genere viene separato da vincoli sessuali, si ampliano le interpretazioni possibili e si separa la generazione biologica dei figli da quella affettiva. Molto importanti, su queste basi, appaiono le ricadute sulla famiglia che non viene più caratterizzata dalla presenza di uomo e donna direttamente coinvolti nella generazione fisica dei figli, ma si trasforma nelle cosiddette famiglie “arcobaleno”, nelle quali la differenza sessuale è indifferente e il rapporto con i “figli” è solamente affettivo.
La posizione della Chiesa Cattolica su questi temi è chiara e confermata recentemente da alcuni pronunciamenti di Papa Francesco (vedere Amoris Laetitia nn. 56 e 286): non è possibile dissociare sesso e genere, soprattutto nell’educazione dei bambini, ma occorre riconoscere le differenze che possono derivare da elementi come il temperamento, la storia famigliare, le influenze di amici, familiari e persone ammirate, ecc. In sostanza, la prospettiva di genere esiste ma non va confusa con la posizione radicale di chi ignora le differenze esistenti tra l’uomo e la donna, soprattutto di fronte al rischio di semplificazioni che spesso vengono introdotte nel dibattito attuale.
Leggiamo cosa ha affermato Papa Francesco nella Amoris Laetitia:
“… È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che «sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare” (AL n. 56)
Occorre allora affrontare la sfida di questo nuovo umanesimo ponendosi in atteggiamento di dialogo con chi sostiene l’applicazione estrema di queste teorie, riflettendo sul rapporto tra “genere” e “generazione” e sottolineando alcuni elementi chiave:
a) siamo stati generati attraverso la differenza sessuale: servono un maschio e una femmina, un uomo/padre e una donna/madre, per far nascere un bambino, anche se concepito in provetta;
b) nessuno di noi viene al mondo da solo, siamo tutti figlio/a di una relazione generativa che ci coinvolge profondamente.
Su queste basi diviene importante affrontare il tema dalla parte dell’elemento più debole di questa relazione: il bambino che nasce.
Non possiamo dimenticare che ogni bambino è iscritto nella genealogia di coloro che l'hanno concepito e la sua identità ne è caratterizzata. Perché negargli questa realtà? Perché impedirgli di conoscere i suoi veri genitori? Perché scegliere artificialmente (e non solo per risolvere casi estremi come la perdita dei genitori) di separare i genitori biologici da quelli affettivi? La migliore condizione per il nascituro è quella di una genealogia riconosciuta e sicura, e ciò porta benefici anche alla società in cui viviamo. La famiglia composta di uomo e donna, con differente identità ma pari dignità, è la miglior culla per l’identità umana.
Don Aristide ha concluso la sua relazione ricordando che, come cristiani, nell’affrontare una così complessa questione sociale e antropologica dobbiamo guardare al mondo con realismo e, di fronte ai tentativi di radicalizzazione del tema, affrontare apertamente il confronto, portando le nostre ragioni con l'onestà morale e la preparazione intellettuale necessarie ad interagire in maniera circostanziata e non superficiale.
Per chi volesse approfondire:
Aristide Fumagalli
La questione gender. Una sfida antropologica
Editrice Queriniana
Una serata importante, mercoledì 7 settembre a Malgrate: su iniziativa di diversi Gruppi decanali, don Aristide Fumagalli (docente di Teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) ha illustrato un tema particolarmente “caldo” in questo periodo: le teorie di genere e le loro ricadute sulla famiglia.
Di fronte ad una sala gremita, don Aristide ha illustrato le origini di queste teorie, legate alla ricerca di parità tra i sessi in una società caratterizzata dalla predominanza maschile, e che hanno portato a distinguere il piano biologico del sesso da quello psicologico della percezione del proprio orientamento sessuale. Questa distinzione tra sesso e genere propizia la tesi principale della gender theory, secondo cui «le differenze tra l'uomo e la donna sarebbero semplici costruzioni culturali, “plasmate” sui ruoli e sugli stereotipi socialmente costruiti»; il genere viene separato da vincoli sessuali, si ampliano le interpretazioni possibili e si separa la generazione biologica dei figli da quella affettiva. Molto importanti, su queste basi, appaiono le ricadute sulla famiglia che non viene più caratterizzata dalla presenza di uomo e donna direttamente coinvolti nella generazione fisica dei figli, ma si trasforma nelle cosiddette famiglie “arcobaleno”, nelle quali la differenza sessuale è indifferente e il rapporto con i “figli” è solamente affettivo.
La posizione della Chiesa Cattolica su questi temi è chiara e confermata recentemente da alcuni pronunciamenti di Papa Francesco (vedere Amoris Laetitia nn. 56 e 286): non è possibile dissociare sesso e genere, soprattutto nell’educazione dei bambini, ma occorre riconoscere le differenze che possono derivare da elementi come il temperamento, la storia famigliare, le influenze di amici, familiari e persone ammirate, ecc. In sostanza, la prospettiva di genere esiste ma non va confusa con la posizione radicale di chi ignora le differenze esistenti tra l’uomo e la donna, soprattutto di fronte al rischio di semplificazioni che spesso vengono introdotte nel dibattito attuale.
Leggiamo cosa ha affermato Papa Francesco nella Amoris Laetitia:
“… È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che «sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare” (AL n. 56)
Occorre allora affrontare la sfida di questo nuovo umanesimo ponendosi in atteggiamento di dialogo con chi sostiene l’applicazione estrema di queste teorie, riflettendo sul rapporto tra “genere” e “generazione” e sottolineando alcuni elementi chiave:
a) siamo stati generati attraverso la differenza sessuale: servono un maschio e una femmina, un uomo/padre e una donna/madre, per far nascere un bambino, anche se concepito in provetta;
b) nessuno di noi viene al mondo da solo, siamo tutti figlio/a di una relazione generativa che ci coinvolge profondamente.
Su queste basi diviene importante affrontare il tema dalla parte dell’elemento più debole di questa relazione: il bambino che nasce.
Non possiamo dimenticare che ogni bambino è iscritto nella genealogia di coloro che l'hanno concepito e la sua identità ne è caratterizzata. Perché negargli questa realtà? Perché impedirgli di conoscere i suoi veri genitori? Perché scegliere artificialmente (e non solo per risolvere casi estremi come la perdita dei genitori) di separare i genitori biologici da quelli affettivi? La migliore condizione per il nascituro è quella di una genealogia riconosciuta e sicura, e ciò porta benefici anche alla società in cui viviamo. La famiglia composta di uomo e donna, con differente identità ma pari dignità, è la miglior culla per l’identità umana.
Don Aristide ha concluso la sua relazione ricordando che, come cristiani, nell’affrontare una così complessa questione sociale e antropologica dobbiamo guardare al mondo con realismo e, di fronte ai tentativi di radicalizzazione del tema, affrontare apertamente il confronto, portando le nostre ragioni con l'onestà morale e la preparazione intellettuale necessarie ad interagire in maniera circostanziata e non superficiale.
Per chi volesse approfondire:
Aristide Fumagalli
La questione gender. Una sfida antropologica
Editrice Queriniana