IL “PATTO DI ASSISI” PER UN NUOVO MODELLO ECONOMICO POST-COVID
Il Papa nel videomessaggio sottolinea che l’incontro “Economy of Francesco” non è un punto di arrivo “ma la spinta iniziale di un processo”. L’evento internazionale, apertosi lo scorso 19 novembre ad Assisi e non a marzo a causa della pandemia, ha come protagonisti giovani economisti e imprenditori. Sono loro, "molto più di un “rumore” superficiale e passeggero che si può addormentare e narcotizzare con il tempo", i motori di un processo, spiega il Pontefice, che siamo invitati a vivere “come vocazione, come cultura e come patto”.
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«Non siamo condannati al profitto immediato»
«Non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale» ha detto il Papa. «Come se potessimo contare su una disponibilità assoluta, illimitata o neutra delle risorse. No, non siamo costretti a continuare ad ammettere e tollerare in silenzio nei nostri comportamenti che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti».
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Il cuore della riflessione fa emergere che il mercato funziona per i beni privati, ma non per quelli pubblici. Funziona per la vendita di scarpe e computer, e beni di consumo; ma per l’inquinamento e il buco dell’ozono, non è adeguato.
Quindi si tratta, e questi giovani lo faranno, di cambiare il mercato in un’ottica anche civile. Non ci si sofferma, ed è qui il grande come, all’idea del green o di una superficiale e vaga idea di sostenibilità. Moltissime imprese sono diventate green, ma non si occupano dei poveri e degli ultimi. Ecco perché è necessario un approccio diverso, come ci ricorda Papa Bergoglio.
Il grido della terra e il grido dei poveri non possono essere disgiunti.
Questa tappa può essere decisiva verso la costruzione di un nuovo modello economico, politico, sociale e culturale, ma anche per una nuova umanità.
Credo che San Francesco avrebbe ripetuto le parole di un “giullare”, Charlie Chaplin, che con Il Grande Dittatore, oltre a farci sorridere, ci fa soprattutto riflettere:
«Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo.
Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti.
La natura è ricca e sufficiente per tutti noi.
La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. (. . .)
Uniamoci tutti!
Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. (. . .)
Combattiamo per abbattere i confini e le barriere.
Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio.
Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere».