Famiglie luogo di accoglienza

Famiglie luogo di accoglienza


Dalla rete Sprar a Caritas al progetto Refugees Welcome


Migliaia e migliaia di profughi continuano ad arrivare via mare e via terra in fuga dalle zone di guerra e di bombardamento. Giovani, anziani, famiglie con bambini, tutti cercano un luogo dove poter vivere senza il terrore negli occhi ogni giorno. Per far fronte a questa vera e propria emergenza umanitaria si sono attivate varie reti di solidarietà e chiunque può mettersi a disposizione.
E’ arrivato anche il monito del Papa: “Ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi”. E molte diocesi hanno già iniziato a convocare i parroci per verificare come poter procedere. E’ bene, quindi, per chi frequenta una parrocchia informarsi presso il proprio parroco per verificare se si mettono in moto gli aiuti.
Da tempo  è attivo un progetto  “Rifugiato a casa mia” che in pochi mesi ha reso possibile l’accoglienza di donne, uomini e bambini da parte di oltre 500 famiglie in Italia. Le famiglie italiane che hanno accettato la sfida di ospitare un profugo crescono come il senso stesso di una condivisione che non è possibile solo pronunciarla ma viverla. Decine le associazioni, parrocchie, amministrazioni comunali che fanno da mediatori tra rifugiati senzatetto e famiglie italiane pronte a ospitarli.
Per far partire il progetto d’accoglienza ci vuole sempre la presenza di un’associazione che si fa garante sia per le famiglie, che per i rifugiati – spiega Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas italiana – da un lato vanno verificati i requisiti di chi vuole accogliere, non solo l’alloggio, ma anche le risorse economiche e di tempo necessarie. Dall’altro, le famiglie devono poter contare su mediatori culturali, psicologi e legali che accompagnino la loro esperienza d’accoglienza. 
Il progetto della Caritas è partito un anno fa, dopo l’appello di papa Francesco. Chiediamo un minimo di sei mesi di disponibilità. Oggi abbiamo 114 migranti ospitati in famiglia, 227 in parrocchia, 56 in istituti religiosi, 139 in appartamenti. Ma tutti possono godere di un contesto familiare: anche nel caso di accoglienza in parrocchia o altrove, infatti, c’è sempre una famiglia che fa da tutor»




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