DIO SOFFRE COME OGNI PADRE E OGNI MADRE, PARTECIPA AL DOLORE PER SUPERARLO
Padre Cantalamessa: Dio non è alleato del virus, ora il mondo diventi più umano
La celebrazione della Passione nel Venerdì Santo del 10 aprile è stata presieduta da Papa Francesco all'Altare della Cattedra in San Pietro. Il predicatore pontificio, padre Raniero Cantalamessa, riflette sul pianeta colpito dal coronavirus e afferma: Dio soffre come ogni padre e ogni madre, partecipa al nostro dolore per superarlo
Il risveglio dall’illusione di onnipotenza
All'inizio della liturgia, il Papa si prostra davanti al drappo rosso che copre il Crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso, del tardo Trecento, a cui nei secoli i fedeli hanno alzato gli sguardi per ricevere aiuto. Steso a terra completamente, Papa Francesco sembra portare, davvero, tutto il dolore del mondo, a sua volta particolarmente prostrato in questo 2020 dal diffondersi di questo piccolo e invisibile nemico che semina dolore e morte. “La pandemia di Coronavirus ci ha bruscamente risvegliati dal pericolo maggiore che hanno sempre corso gli individui e l’umanità”, cioè “l’illusione di onnipotenza” - dice il frate cappuccino - ricordandoci invece che siamo mortali e che “la potenza militare e la tecnologia non bastano a salvarci”. La sua meditazione sviscera il senso profondo della sofferenza davanti alla quale sorgono i più profondi interrogativi dell’uomo.
Dio piange per il flagello che si è abbattuto sull’umanità
Dopo il Vangelo sulla Passione, proprio per aiutare a entrare in profondità nell’azione di Dio, il predicatore della Casa Pontificia si richiama alla storia del pittore James Thornhill, che per guardare il suo affresco nella cattedrale di San Paolo a Londra, stava per precipitare da un’impalcatura. Per salvarlo un suo assistente lanciò un pennello sul dipinto perché il pittore non indietreggiasse ma facesse un balzo in avanti, e così l’opera fu compromessa ma il maestro si salvò. A volte Dio “sconvolge i nostri progetti e la nostra quiete, per salvarci dal baratro che non vediamo", nota quindi il frate precisando che "non è Dio che con il Coronavirus ha scaraventato il pennello sull’affresco della nostra orgogliosa civiltà tecnologica".
Dio è alleato nostro, non del virus! “Io ho progetti di pace, non di afflizione”, dice nella Bibbia. Se questi flagelli fossero castighi di Dio, non si spiegherebbe perché essi colpiscono ugualmente buoni e cattivi, e perché, di solito, sono i poveri a portarne le conseguenze maggiori. Sono forse essi più peccatori degli altri? No! Colui che un giorno pianse per la morte di Lazzaro, piange oggi per il flagello che si è abbattuto sull’umanità. Sì, Dio “soffre”, come ogni padre e ogni madre. Quando un giorno lo scopriremo, ci vergogneremo di tutte le accuse che gli abbiamo rivolte in vita. Dio partecipa al nostro dolore per superarlo.
Risuscitare per una vita nuova
La croce si comprende meglio dagli effetti che dalle cause, sottolineava anche nell’omelia padre Cantalmessa, indicando proprio le conseguenze di pace con Dio che da essa scaturiscono. La croce di Cristo ha, infatti, cambiato “il senso del dolore” dell’uomo perché la sofferenza non è più intesa come un castigo ma è stata redenta perché presa su di sé dal Figlio di Dio. Dio ha bevuto “il calice del dolore fino alla feccia” - dice il frate cappuccino - mostrando che esso non è avvelenato ma in fondo vi è una perla. Così ogni sofferenza diventa una specie di “sacramento universale di salvezza” per il genere umano perché Egli morì per tutti, non solo per alcuni.
Lo sguardo di padre Cantalamessa si volge anche al futuro: al termine di “questi giorni che speriamo brevi – conclude - risorgeremo e usciremo dai sepolcri che sono ora le nostre case”. Ma non – è l’auspicio – per tornare alla vita di prima ma per una vita nuova, come Gesù, una vita più umana, fraterna e cristiana.